lunedì 2 novembre 2015

Di corse, di rincorse, di deliri e di bellissimi ricordi.

Prima ancora di imparare a scrivere.
Prima di imparare a dipingere.
Prima ancora di imparare ad amare.
Prima ancora di imparare a cambiare un pannolino, a curare una bua con un bacio, prima ancora di imparare a tacere quando è il caso.
Prima ancora che inventassero la felpa con la tasca per il telefonino, i pantaloni con la tasca per il telefonino e la giacca con la tasca per il telefonino.
Prima di tutto questo ho imparato a correre.

E la corsa mi ha sempre accompagnato nelle varie fasi della mia vita, a volte anche solo col pensiero (diciamo per quei tre, forse anche quattro anni in cui vero che ho appeso le scarpe al chiodo, ma vero anche che aspettavo il momento buono per riprendere eh...).

L'ho sempre detto alla mia amica Lory, correre è una questione di testa. Puoi anche avere due gambette rinsecchite e il fiato di topolino, ma con una testa ben allenata correrai una maratona intera.

Ecco, io vado a correre per due motivi fondamentali: per poter mangiare la cioccolata (tanta cioccolata) senza troppi sensi di colpa e per pensare.
Devi per forza pensare a qualcosa quando corri, per non stramazzare dopo i primi due metri. Se corri lunghe distanze poi devi far appello ai pensieri più reconditi che il tuo cervello in evaporazione può offrire, devi andare a tirare fuori dai cassetti roba che non pensavi nemmeno fosse ancora legale.
Piano o forte che tu vada, se corri, di sicuro impari a pensare.
A come pensare.
A mettere in fila i pensieri in modo che tra di loro non si intralcino.
A disporli sul piatto uno alla volta per farli durare più a lungo.
Devi per forza affrontare anche cose che eviteresti volentieri, ma una volta sola con te stessa non puoi certo fare finta di niente.
Devi potertici perdere, ma in qualche modo anche saper tornare indietro.

Quanti pensieri ho fatto  dentro a quelle scarpe da ginnastica, quante decisioni prese, quanti litigi con l'altra me e pugni nello stomaco, quante lezioni comprese, quanti discorsi chiusi e quanti casi riaperti.

Lo so, sembra un post delirante, forse lo è.
In realtà volevo solo riflettere su quanto la vita assomigli alla corsa. E su quanto ognuno di noi la affronti in maniera diversa: c'è chi corre perchè insegue qualcosa, chi lo fa perchè sta per essere inghiottito dal nulla, c'è chi è vittima di un moto perpetuo e non può fermarsi mai, chi è in perenne rincorsa per spiccare un ipotetico balzo che lo porterà a chissà quale vittoria.
Poi c'è quello che struscia i piedi (voglia di vivere saltami addosso, per capirci, quello lì) , quello che si scapicolla pur di stare dietro al gruppo, c'è quello che correndo si da i calci nel sedere e quello che va con le ginocchiate sui denti, chi adora saltare gli ostacoli, chi ama la staffetta e il lavoro di squadra, c'è quella che corre con l'amica solo per poter spettegolare delle colleghe.
Poi ci sono i maratoneti: 42 km in solitaria dopo mesi di sudore e sacrifici, per dimostrare qualcosa di importante a se stessi, o forse solo perchè quella volta lì avevano parecchio su cui pensare.
Forse volevo sapere : voi che tipo di corridori vi sentite? O forse volevo solo condividere con voi uno dei miei ricordi più belli di sempre...

2003 . NYC Marathon