mercoledì 19 ottobre 2016

Stucco e cuori rossi. Una tecnica che assomiglia a Monia

Monia la conosco dai tempi delle medie. Può darsi che ci conoscessimo anche prima, in fondo abitavamo a quattro case di distanza quindi di sicuro ci siamo viste almeno di sfuggita. Ma non ricordo. Ricordo però benissimo la Monia del liceo.

Ma ce l'avrete avuta anche voi almeno una "Monia" al liceo. Ne sono sicura.

Quasi sempre in fondo alla classe, non per negligenza o per disinteresse.
Per mangiare.
Sì, per mangiare senza dar troppo nell'occhio. Due cracker, un biscottino, un cioccolatino, chilometri di dietorelle alla frutta. Sì perchè lei con le carte delle caramelle ci faceva delle ghirlande infinite e poi insegnava anche a noi a farle e allora giù a mangiarne per allungare la catena. Tanto erano dietetiche. Lei e le altre due o tre della penultima fila mangiavano di tutto, ma senza prendere un grammo. Che invidia. Mai un grammo, mai un'ombra di cellulite. Un fisico atletico e sodo, muscoli che a me non sarebbero venuti nemmeno con dieci sessioni di allenamento alla settimana.

Una volta siamo andate a correre insieme io e lei.
Io in tuta da ginnastica e paraorecchie di flanella. Lei in jeans. Aderenti, i Levis 501. Non andavano ancora di moda i tessuti elasticizzati, i jeans stretti non erano skinny, erano stretti e basta. Senza zip, con i bottoncini. Cinque bottoncini che ti facevano sudare solo al pensiero di chiuderli tutti, coricata sul letto e trattenendo il fiato.Se li prendevi di una taglia in meno ancora meglio. Io nemmeno riuscivo a sedermici con quei jeans. Ricordo benissimo che mi esplosero letteralmente addosso dopo una vacanza al mare. Monia ci andava a correre come se niente fosse. Così, per farvi capire il personaggio.

Monia aveva una Smemo che occupava tutto lo zaino, ripiena come un calzone napoletano. Alla fine del primo quadrimestre la prima e la quarta di copertine si guardavano già in faccia. Piena zeppa di dediche, di pensieri, di canzoni di Vasco e di foto di Ambra Angiolini. Con Vasco è facile, tutti bravi a scriversi il testo di "Alba chiara" su una pagina di diario..
Ma con Ambra no. Alzi la mano chi avrebbe mai osato appiccicare la foto di Ambra quindicenne tra "What's up" dei Four non Blondes e la foto di Roberto Baggio con il codino.
Monia è' stata la prima persona di sesso femminile che conosco ad ammettere pubblicamente che andava pazza per "Non è la Rai". Sia chiaro, piaceva a tutte, tutte ci passavamo i pomeriggi, ma poi facevamo finta di niente, perchè avremmo fatto la figura delle oche giulive ed era l'ultima cosa che volevamo.
Noi eravamo grunge, cantavamo le canzoni dei Nirvana con le camice a scacchi del nonno e gli anfibiazzi logori, parlavamo di occupazione, andavamo alle manifestazioni in autostop, cantavamo con la chitarra e facevamo cene vegane nei corridoi della scuola. Monia no, lei faceva quello che le pareva.
Era molto più anticonvenzionale di noi, perchè sapeva essere se stessa più di tutti gli altri.

Monia è diventata una splendida donna, un'imprenditrice di se stessa e una mamma eccezionale. L'avrei dovuto immaginare già all'epoca del liceo che sarebbe successo. E' una di quelle persone che nonostante gli eventi della vita ti portino altrove, continua a essere una sicurezza, perchè sai che mai è cambiata e mai cambierà.

La cosa in lei che più apprezzo è che ha le idee chiare. Molto chiare. Chiarissime. Sono sempre felice quando la sento, perchè non esiste indecisione nel suo mondo (cosa che invece nel mio mondo abbonda!). Monia ha gusti ben definiti, ho già avuto modo di fare alcuni lavori per lei e ormai tra noi c'è il giusto feeling per capirsi al volo.

Ecco cosa ho fatto l'ultima volta per la sua cucina. Sono tre tele 60x80cm, trattate con stucchi e smalti all'acqua. Accostate formano una composizione con la scritta EAT in rilievo e un motivo di cuori rossi. Semplice. Diretta.
Ho usato una tecnica che avevo già sperimentato su altri lavori fatti sempre per la stessa persona. Ve li farò vedere prima o poi. Questa tecnica mi piace moltissimo, la materia predomina e tutto è lasciato a vista, le imperfezioni vengono esaltate dai colori saturi e in alcuni punti si intravede la trama della tela. Posso dire che è una tecnica "sincera" e "trasparente", semplice ma "glamour", proprio come la personalità di chi me l'ha fatta scoprire.









martedì 27 settembre 2016

"Via Arduino", il "quadro puzzle" e le bugie delle vere verità.

La verità è che sono testona e mi ero ripromessa di non scrivere più nulla fino a che non avessi finito il "quadro puzzle". E così dopo i giorni sono passate le settimane e dopo le settimane sono passati i mesi.

La vera verità è che ho dipinto meno e sempre meno, impegnata, da  settembre scorso in poi, in una nuova passione, quella per l'insegnamento.
(La vera vera verità è che non mi dispiace per niente poter contare su un fisso stipendiale almeno per qualche mese. Una supplenza fino al 30 giugno, per i precari della scuola, è roba da leccarsi i baffi e se non ti lecchi le dita che gusto c'è).

Poi c'è stata l'estate e i bambini a casa in vacanza. 

E l'artitudine appoggiata lì sul comodino, ad aspettare. Perchè in tutto questo tempo la voglia di cose belle e di colori e di pennelli è aumentata a dismisura e ora sto solo cercando il modo giusto per farla rientrare a pieno diritto nell'incastro perfetto delle mie giornate sempre più piene.

Per ora la vera verissima verità è che il quadro puzzle è finito e ve lo voglio far vedere.

Di verità ce ne possono essere tante e tutte un po bugiarde. Come questa vista di Via Arduino con i muri svirgolati e le persiane storte.
La via più bella di Ivrea, nel punto esatto in cui la piazza sale strisciando sui cubetti e il rumore di via Palestro si fa silenzio.
Bella e riservata dal pavè in su fino ai tetti, che ti fa vedere proprio tutto il suo splendore solo se ti distrai e guardi in alto per un momento.

Il quadro puzzle è un quadro 3D, nel senso che la tela ha uno spessore di 7 cm quindi più che un quadro è un parallelepipedo dipinto. Si può guardare da destra, da sinistra, da sotto e da sopra, e non si capisce tanto bene quale sia la vista migliore, sono tutte prospettive troppo bugiarde.
O forse troppo sincere. A voi la scelta.

Via Arduino 80x100x7 olio su tela



particolari...







mercoledì 31 agosto 2016

Pattern d'Agosto e il meccanismo perfetto del ricordare davvero.

Avete presente la scena in cui Anton Ego assaggia la ratatouille?
Avete presente QUELLA senzazione?
Quando basta una leggera pressione nel punto giusto per risvegliare ricordi che non sapete nemmeno voi in quale cassetto della vostra testa avevate archiviato...

La memoria lavora in modi strani. Ma strani strani. Tu scatti foto, scrivi diari, tracci percorsi all'indietro di tutto quello che ti sembra importante. Pensi che in questo modo potrai, un giorno, attingere ai ricordi a comando. Arrivi persino al punto di saperli a memoria, i tuoi ricordi; milioni di fotografie da riguardare all'infinito, calamite da attaccare allo sportello del frigorifero, canzoni da cantare a squarciagola con il finestrino abbassato.

Ma i veri tesori sono già nel tuo dimenticatoio personale. E tornano a galla solo in rarissime ed eccezionali occasioni.

No. Non decidi tu,  nè come, nè quando.


 Flashback da farti venire la pelle d'oca alta alta. Capita che ti si ripresenta , per una frazione di secondo, lo stesso profumo, la stessa voce, lo stesso inconfondibile sapore di quella volta, e allora scatta il meccanismo perfetto del ricordare per davvero.


E' una questione di pancia.

Il nostro cervello è fatto per trattenere  le formule di matematica, le poesie a memoria, le date dei compleanni e i nomi dei sette nani.

Ma la pancia no.


La pancia , lei è fatta per tenersi dentro il sapore dolce e metallico dell'acqua e zucchero col cucchiaino a casa della mia bisnonna, quel disco consumato che fa sembrare più bella la canzone di mille estati fa, la consistenza liscia della colla vinavil spalmata sui palmi delle mani, il profumo di liquerizie arrivando a scuola nel giorno del mercato... Potrei andare avanti ore.
Ha tanti nomi e per ogni sfumatura il significato non cambia e rimane sempre lo stesso.
Chiamalo sfondo, trama, accompagnamento, sottofondo, profumo, sentore, scenografia, texture, retrogusto, sensazione.
Io lo chiamo pattern.

Pattern d'agosto.


Perchè alla fine quello che rende prezioso un ricordo non è il ricordo stesso, ma è quella serie di coincidenze che gli fanno da sfondo e che ci danno l'illusione, quando si ripresentano, di poter tornare indietro nel tempo.

Come Anton Ego quando assaggia la Ratatouille la prima volta.
Che poi anche per lui, la seconda volta non sarà più lo stesso...


I Pattern d'agosto sono sensazioni che vorrei rimanessero lì, sospese nel tempo. La carta da parati sullo sfondo della fotografia in bianco e nero. Il rumore della puntina sul vinile.
Ho postato su Instagram (social come mai prima d'ora, avete notato? eh?!) un pattern per ogni giorno del mese di agosto, sfumature delle mie giornate, piccoli pezzi di vita.

Potete andarle a vedere sul mio profilo Instagram, questo qui.

Voglio pensare che siano immagini evocative e mi piace l'idea che un giorno, rivedendo questo puzzle dai contorni sfumati, tornerò per un istante a questa meravigliosa estate, con la mente, con il cuore e forse anche con la pancia.