(Ve lo dico, questo post l'ho scritto qualche giorno fa, quando la situazione sembrava un pelino meno drammatica. Le cose sono peggiorate e forse alcuni argomenti vanno trattati più seriamente e da persone più competenti, ma la tentazione di dire anche la mia era troppo forte così ho deciso di pubblicarlo lo stesso, se avete voglia, leggete.)
L'abbiamo capito.
L'abbiamo capito.
Forse.
Chi più chi meno, in un modo o nell'altro, siamo arrivati a condividere la stessa idea.Si sta a casa chi può, non ci si bacia, si sta ad una distanza ragionevole e non ci si starnutisce addosso. Fin qui ci siamo.
Ci è voluto un po di tempo ma ci siamo arrivati, ci sono voluti discorsi, parole urlate sui social, parole sussurrate sui network, gente che giudica, gente che viene giudicata, applausi che poi son diventati fischi, fischi che poi son diventati applausi, gente che giudica di nuovo.
L'uomo è l'animale sociale per eccellenza, l'italiano è più sociale degli altri, deve manifestarsi con abbracci e grandi pacche sulle spalle, mangiare e bere in compagnia, vivere a voce alta e accompagnare con sonori colpi di tosse per schiarirsi la gola.
Va da se che sia stato più difficile per noialtri accettare l'idea di stare alla larga gli uni dagli altri.
Ma ci siamo, l'abbiamo metabolizzato, quasi tutti.
Ci voleva un virus a ricordarci che siamo tutti nella stessa bagna, che facciamo parte di un grande girotondo e quando si va giù per terra si va tutti insieme.
La paura, quelle vera, ci ha fermato per tempo, si spera.
Prima sono arrivati gli spauracchi, e con gli spauracchi anche gli allarmismi, le prove generali per l'apocalisse, l'isteria di massa e quelli che giudicano. Poi hanno seguito quelli che sdrammatizzano, che minimizzano, hanno ridicolizzato i primi, hanno sparato tutta un'altra playlist di opinioni e hanno giudicato di nuovo.
Tutti ci siamo schierati un pò di qua e un pò di là, cercando, con i mezzi a nostra disposizione, di costruirci un'opinione chiara, da bravi cittadini. La maggior parte di noi, io per prima, con scarsi risultati, passando dall'una all'altra e poi dall'altra all'una. Per forza, le informazioni erano confuse, frammentarie, contrastanti. Se poi i tuoi unici canali informativi sono facebook e instagram fai fatica davvero a capire di chi puoi fidarti e a costruire un'immagine verosimile della situazione.
Poi ognuno si è creato una propria verità e finita lì.
E soprattutto una verità universale: ognuno, nel suo piccolo, si arrangia come meglio può. Amaro, ma è così.
Fatto stà che ora siamo messi come siamo messi, con gente che muore senza poter avere un funerale decente, ma con grandi arcobaleni fuori dalle porte e messaggi che ci rincuorano: andrà tutto bene.
E speriamo.
Di sicuro abbiamo tempo di riflettere su un mucchio di cose.
Sono mamma e non posso non pensare cosa stiamo consegnando ai nostri figli in tutto questo.
Cosa resterà ai bambini? Chissà che immaginario stiamo loro creando, con quali alimenti lo stiamo nutrendo? Paura? Speranza? Ricorderanno il 2020 come l'anno in cui non si è andati a scuola? Come l'anno in cui è morto lo zio e non si è potuti andare al funerale? Saranno ricordi felici quelli che porteranno nel cuore? Di giornate in giardino e scuola sul pc? O saranno ricordi amari senza baci, senza abbracci e senza feste di compleanno? Come risponderanno a ciò che stanno vivendo? E i nostri comportamenti di oggi, influiranno sulle loro abitudini di domani?
Di sicuro l'impatto che tutto questo avrà sul futuro non è da sottovalutare,.
E la mente dei bambini, elastica e spugnosa come solo lei sa essere, saprà elaborare quello che ha visto e fatto in modi che nemmeno possiamo immaginare.
Quindi insegnate loro fin da subito che la paura può essere positiva ma il panico no, che la fiducia è buona cosa, ma l'arrendevolezza no, che la speranza è verde e luminosa, ma che chi visse sperando... no, questo non lo dico. Insegnate loro queste cose, ma non con le parole, con i fatti, che di parole ne hanno già sentite troppe. Stringeteli forte e dedicate loro il tempo che si meritano.
Vediamo di lasciare loro il meglio di noi, e cerchiamo, per questa volta, di fare bella figura.
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